Troppi test banalizzano la scuola

Le scuole di ogni ordine e grado sono in subbuglio. Il ministro Gelmini è riuscita (finalmente?) a far partire una prima massiccia ondata di test di apprendimento, i cosiddetti test invalsi, non solo nelle scuole elementari e medie inferiori, ma quest'anno per la prima volta anche nelle scuole superiori. Una parte degli studenti e dei docenti si sta ribellando, con gli argomenti più svariati.
Ad esempio: i test sarebbero «una premessa alla valutazione e gerarchizzazione retributiva dei docenti» (tradotto: pagare meglio gli insegnanti ritenuti più bravi). Oppure: i test sono dannosi emotivamente (provocano «stress da quiz»). Oppure: violano la privacy, perché le prove non sono anonime. E ancora: sono un fallimento scientifico, trasformano dall'interno lo statuto delle discipline, esasperano la competizione, non misurano la buona didattica, trascurano i disabili, eccetera eccetera.
Un vero e proprio fuoco di sbarramento ha accolto il decollo dei test, che dovrebbero coinvolgere qualcosa come 100 mila classi e 2 milioni di alunni.
A costo di fornire altra benzina a una protesta di cui non condivide lo spirito, Luca Ricolfi su La Stampa richiama almeno quattro criticità dei test.
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