Leonardo Lucarelli ha trentotto anni, è alto un metro e settanta, pesa settantatré chili e non si è mai mangiato le unghie. Di mestiere fa il cuoco, il cuoco qualsiasi non il masterchef. Cominciò perché sua madre era una fricchettona, una figlia dei fiori fuori tempo massimo, che davanti ai problemi della vita ricorreva alla formula indù «Om Namah Shivaya» («Signore, sia fatta la tua volontà»), tradotta liberamente dal figlio, nato in India, con «Sticazzi», la polivalente formula romanesca che ormai si è fatta strada nel mondo.
La mamma di Leonardo non era una brava cuoca, però sapeva proporre ai figli i pochi piatti che conosceva (primo: pasta con pomodoro e panna, secondo: uova al tegamino) con la verve e l’enfasi del conduttore tv che presenta la star ospite del programma. Dopo essere stato irretito per qualche tempo dal marketing materno, Leonardo cominciò a migliorare con sue invenzioni lo scarno e ripetitivo menu e a soli sedici anni era già un cuoco ricercato nel giro dei suoi amici. Scoprì così la sua vocazione e decise di onorarla come meglio poteva. Anche a costo di qualche incomprensione. Alla sua prima ragazza, per esempio, regalò una pagnotta appena sfornata, chiusa in un fazzoletto, «con i quattro lembi annodati in alto come nei fumetti di Topolino». Lei non apprezzò particolarmente quel pensiero tanto amorevole e chic e lo lasciò, quasi all’istante, per un altro.
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Carne trita. L'educazione di un cuoco
Lucarelli Leonardo
Garzanti Libri (collana Saggi)
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