“I soliti romeni”. Da questo commento razzista parte la storia che l’autrice ha vissuto e che ci racconta nel suo libro. Sente quel commento su un autobus di Roma e volge lo sguardo ai presunti romeni, quattro sperduti ragazzi afgani. Poi fa una cosa del tutto insolita: parla ai ragazzi.
Viene così a sapere che sono arrivati a piedi dall’Afghanistan. Quando cerca di aiutarli a trovare una sistemazione, comincia un viaggio (per noi surreale, ma invece fin troppo reale) tra commissariati di polizia, uffici di enti caritatevoli, i gangli di una burocrazia ottusa. Tre dei ragazzi scappano, Akmed invece, ancora minorenne, ha la “fortuna” di essere “assistito” dal comune di Roma. Nella città eterna ogni anno approdano ottomila immigrati minorenni non accompagnati, ma per loro esistono solo cento posti letto. Akmed, quindi, si trova sistemato in Abruzzo: in un ospizio con 150 anziani. Il libro ci riserva molte di queste assurdità, raccontate con amara ironia. Allo stesso tempo Mismetti Capua fornisce un’immagine efficace del muro d’indifferenza contro cui vanno a sbattere ragazzi come Akmed. Un muro eretto non solo da razzisti, ma anche da insospettabili, anche amici, che non se la sentono di aiutare Akmed perché “è troppo deprimente” o perché “in fondo, a me che me ne frega?”.
Carlotta Mismetti Capua, Come due stelle nel mare
Piemme, 186 pagine, 15,00 euro
(Michael Braun. Internazionale, numero 902, 17 giugno 2011)
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